Il sovraindebitamento, la legge salvasuicidi, gestione della crisi di impresa.
Chi non ha mai sentito nominare, almeno una volta, le parole sopra menzionate.
Degli strumenti validissimi, ispirati ai principi anglosassoni del refresh start , che permette di liberarsi dai debiti a cui non si riesce più a far fronte per svariati motivi.
Che possa essere a causa di un licenziamento, o a causa di una riduzione dello stipendio o ancora, come nel caso di cui ci occupiamo oggi, per degli avvisi di accertamento dell’agenzia delle entrate.
La vicenda.
Siamo sul territorio di Canosa di Puglia, in provincia della Bat, e parliamo di un imprenditore, che nel 2018 e nel 2019, riceveva due avvisi di accertamento, da parte dell’agenzia delle entrate, per euro 300 mila circa, a causa di un errore commesso dal suo commercialista, nel 2013 e nel 2014, che aveva poi generato gli accertamenti che avevano determinato, nell’imprenditore canosino, la crisi di liquidità che lo aveva posto spalle al muro.
Un debito di oltre 300 mila euro con l’Agenzia delle entrate, che aveva tentato di pagare, con l’istituto dell’accertamento con adesione, ma che, dopo l’arrivo del secondo avviso di accertamento, pervenuto all’imprenditore nel 2019, era divenuto di fatto insostenibile.
Chiaramente l’accertamento con adesione, dal quale era decaduto per tentare di pagare il secondo, era divenuto cartella, e il debito residuo di circa 70 mila euro, era diventato infine un debito di euro 150.000, con la maggiorazioni di sanzioni, aggio, ed interessi di iscrizione a ruolo.
Le strade erano due.
Arrendersi e dichiarare la chiusura della sua attività di impresa, o cercare di gestire la crisi di impresa intervenuta con uno degli strumenti messi a disposizione dalla legge sul sovraindebitamento.
Sceglieva di percorrere questa seconda strada e, per fare questo, si affidava allo studio dell’avvocato Baldino per depositare, presso il Tribunale di Trani, un ricorso con una proposta di accordo con lo Stato.
L’imprenditore risultava essere proprietario di un immobile, che aveva di fatto un valore notevolmente inferiore al debito accumulato con lo Stato.
La proposta di accordo con lo Stato, seppur inferiore al debito ormai iscritto a ruolo di oltre 300 mila euro, era comunque superiore all’alternativa liquidatoria.
La proposta di accordo prevedeva che l’imprenditore, a fronte di €300.000,00 di debito dichiarato dallo Stato, avrebbe pagato 70 mila euro in favore dello stesso, distribuendo il pagamento del dovuto nei 4 anni successivi all’omologa del paiano.
Ricordo che la nuova normativa ha previsto anche l’istituto del cram down fiscale, ovvero ha previsto la possibilità, da parte del Tribunale, di omologare la proposta di accordo, sottoposta dal debitore, anche nell’ipotesi in cui il creditore esprima il proprio dissenso all’omologa dell’accordo, allorché, valutata la convenienza della proposta, ritiene che il credito risulti soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative liquidatoria concretamente percorribili.
Oggi l’imprenditore potrà continuare a lavorare senza temere attacchi e pignoramenti da parte dello Stato, ed è bene precisare che, anche depositata la proposta di accordo presso il Tribunale di Trani, l’ Agenzia Entrare e Riscossione aveva minacciato medio tempore, di iscrivere ipoteca sull’immobile di proprietà del sig. Vito (nome di fantasia), ipoteca poi di fatto bloccata dall’azione tempestiva dello scrivente avvocato.
In allegato il provvedimento del Tribunale di Trani.
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