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Nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 29.4.2020, è stata pubblicata la legge n. 27/2020 di conversione in legge del decreto Cura Italia con il tanto atteso Titolo III, riguardante le misure a sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario.​

In particolare, nella sezione relativa alle misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, l'art. 54-ter ha previsto la sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa.

Esaminiamo nel dettaglio le misure previste a sostegno delle famiglie in difficoltà nella conversione in legge del D.L. 18/2020.

L'art. 54-ter, della legge 27/2020, dal titolo "Sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa" prevede quanto segue: "Al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore."

Questo è sicuramente un provvedimento di emergenza pensato e studiato per non aggravare una situazione già di grave difficoltà di quanti, in questo periodo, hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione, ed oltre a queste oggettive difficoltà economiche stanno anche perdendo la loro prima ed unica casa di abitazione e residenza.

Debiti erariali: inesigibili a seguito dell'omologa del concordato

Avv. Floriana Baldino - Sulla gravissima situazione economica italiana contemporanea non vi è più nulla da aggiungere. Siamo in recessione. La grave crisi di liquidità delle famiglie e della aziende è ormai acclarata, ma dai Tribunali arrivano sempre più segnali di speranza. Stanno offrendo, sempre più e quasi in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, una seconda chance al "consumatore sovraindebitato". Questa volta però non parleremo del consumatore e della legge salva-suicidi, ma del caso trattato dalla Ctp di La Spezia (vedi sentenza n. 311/2019 sotto allegata), riguardante un'azienda, nello specifico una Snc, dichiarata fallita nel 2010, a cui è seguito un concordato fallimentare omologato nel 2013.

La vicenda: concordato fallimentare omologato e pignoramento

La società aveva proposto un concordato prefallimentare, nel 2010, e lo stesso era stato omologato dal Tribunale di La Spezia.

Tuttavia, successivamente all'omologa del concordato, l'Agenzia Entrate e Riscossione notificava alla società dapprima delle intimazioni di pagamento e successivamente degli atti di pignoramento, che venivano tempestivamente impugnati dinanzi alla Commissione Tributaria. La società eccepiva l'illegittimità delle iscrizioni a ruolo e delle intimazioni, posto che la Snc era stata dichiarata fallita nel 2010, ed era seguito poi il concordato fallimentare omologato nel 2013.

La CTP di La Spezia osserva: "la società ha depositato l'omologazione, da parte del Tribunale della Spezia, nel concordato fallimentare sopra richiamato, cui seguì, da parte dello stesso Organo Giudiziario, la declaratoria di inesigibilità anche da parte dell'Agenzia delle Entrate, dei debiti concorsuali non integralmente soddisfatti. In conseguenza di quanto precede, è evidente che nessun intimazione poteva essere emessa dall'Agenzia delle Entrate, per il pagamento di un debito tributario, in realtà ha già definito".

La ratio del concordato preventivo

Il Tribunale di La Spezia si è già espresso, diverse volte, sulla causa tipica del concordato, ribadendo che la ratio del concordato è quello di garantire, seppure in maniera talvolta minimale, una percentuale di soddisfacimento dei creditori che si prospetti come alternativa migliore rispetto alla liquidazione fallimentare.

Facendo inoltre proprio l'orientamento della Corte d'Appello di Genova rigetta puntualmente le opposizioni proposte dall'Agenzia delle Entrate per inammissibilità del concordato a causa della falcidia dell'IVA.

Con riferimento invece alla percentuale modesta di soddisfacimento attribuita alla propria classe di creditori, il Tribunale così si è espresso (1% nel caso di specie): "Non si ritiene che, a fronte di una mancanza di alternativa migliore in sede fallimentare, possa determinare il venir meno della causa tipica del concordato, che è quella di garantire, seppur in maniera minimale come nel caso di specie, una percentuale di soddisfacimento dei creditori (in termini di percentuale minima si è espressa la Suprema Corte a sezioni unite con la sentenza 521/2013).

Inesigibilità anche dei crediti IVA

Con riferimento alla falcidiabilità dell'IVA, il Tribunale di La Spezia rinvia al decreto della Corte d'Appello di Genova, 10/27-7-2013: "la quale decidendo sul reclamo proposto avverso il decreto di diniego di omologa di un concordato preventivo, emesso da codesto Tribunale, sul presupposto della non falcidiabilità del credito IVA, ha omologato detto concordato. La Corte ha espresso infatti l'orientamento secondo il quale il legislatore ha configurato il divieto di falcidia del credito IVA come un limite imposto espressamente alla proposta di transazione fiscale, per cui ritenere l'operatività anche nel caso in cui il debitore non abbia inteso far ricorso a tale procedura costituisce non solo come interpretazione estensiva non consentita per difetto della eadem ratio... ma anche un'interpretazione che contrasta con la lettera della legge... ritiene pertanto il Collegio che il principio di intangibilità dell'imposta sia operativo solo nell'ambito del concordato fiscale…".

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